Automotive, la crisi del chip non accenna a fermarsi

Varie le motivazioni della scarsità dei semiconduttori, ma manca anche l’acciaio: produzione a rischio.

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Attualmente stiamo vivendo una gravissima crisi dei semiconduttori, ulteriormente peggiorata dalla pandemia. A partire dagli ultimi 10 anni, le caratteristiche richieste ai microprocessori sono aumentate esponenzialmente, quindi ci si spinge a trovare soluzioni sempre più innovative basate su materiali avanzati, fisica quantistica e microbiologia, e i costi delle apparecchiature per fabbricare semiconduttori aumentano a dismisura. Aumentano quindi anche i costi di produzione dei wafer di silicio, e bisogna aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Con l’arrivo della pandemia si sono determinati picchi imprevisti di domanda per tablet e computer portatili, ma anche riduzioni nella produzione dei semiconduttori a causa dei vari lockdown. Per questo motivo sono stati evasi rapidamente solo gli ordini relativi al settore tecnologico e che utilizzano componenti di ultima generazione, mentre meno rapidamente quelli relativi ad altri settori che utilizzano componenti più obsoleti e quindi a minor valore aggiunto per i produttori di chip, come l’automotive, il manifatturiero e il settore dei dispositivi medicali, come già riportato in un precedente articolo che analizzava la chiusura degli stabilimenti di Whirlpool in provincia di Varese.

Nel campo dell’automotive si utilizzano microprocessori all’interno di componenti come servosterzo e sensori, e la carenza di questi componenti ha costretto moltissime grandi aziende a tagliare la produzione ricorrendo alla cassa integrazione: Stellantis, Volkswagen, Ford, Nissan, Toyota e la lista si allunga di settimana in settimana.

A peggiorare questa situazione critica, la Renesas Electronics, che produce microprocessori, a causa di un incendio ha subito uno stop che durerà almeno un mese per la pulizia delle clean room, e la terribile ondata di maltempo in Texas dello scorso febbraio ha impedito l’approvvigionamento di semiconduttori e materie prime ad alcuni stabilimenti automobilistici.

La pandemia ha portato alla luce le criticità dovute alla dipendenza globale di chip da poche grandi aziende, per questo ora la politica sta decidendo che soluzioni attuare per attenuare l’eccessiva dipendenza dei Paesi occidentali dalle produzioni asiatiche. Ad esempio, l’Unione Europea sta valutando di costruire una fabbrica di wafer di silicio in Europa, ma non ci sono ancora certezze a riguardo e i dettagli dovrebbero essere noti tra circa un mese. Anche aziende come Samsung, stanno cercando di aumentare la propria capacità produttiva interna di semiconduttori.

Purtroppo, per quanto riguarda il settore automotive, quello dei semiconduttori è solo una piccola parte dei problemi a cui si andrà incontro. Infatti,  cominciano a scarseggiare sul mercato materie plastiche e acciaio, allungando i tempi di consegna e aumentando i costi. Si parla, secondo l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) di un aumento di oltre 300€ a tonnellata nel semestre giugno 2020 e gennaio 2021, con gravi ripercussioni economiche su tutto il mercato.